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Le vivande

 
 
Julia Berger
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Feste conviviali

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Le abitudini alimentari europee di quattrocento o cinquecento anni fa non devono essere considerate come curiosità storiche, degne solo di uno sguardo da parte di studiosi dell’epoca.
Ciò che la gente mangiava era buono e, benchè siano trascorse alcune centinaia d’ anni, è ancora buono.
I piatti che un cuoco professionista doveva realizzare ogni giorno erano dei menù che consistevano in pasti ben armonizzati di zuppe, stufati, crostate, torte, sformati, biscotti, arrosti, salse, gelatine e “dessert”. Alcuni di quei piatti avrebbero potuto essere realizzati in qualunque cucina, mentre altri invece, erano il punto d’arrivo di preparazioni che richiedevano non meno cure di quanto richiedano le preparazioni dei più famosi ristoranti di oggi.
I cuochi antichi attingevano agli stessi gruppi di cibi a cui attingono i cuochi moderni. Essi usavano cereali, legumi (piselli, fagioli), verdure a foglia e radici, i frutti degli alberi, cordiali e vini, noci, carni, pesci e pollame, uova, latte e latticini, oli e grassi, condimenti (erbe e spezie), il tutto in grande varietà.

Ogni vivanda comprendeva un buon numero di portate: i grandi banchetti italiani potevano arrivare anche a 12 portate per ogni vivanda.
La logica che seguiva l’ordine delle imbandigioni era quella secondo la quale i cibi più digeribili venivano consumati per primi, lasciando ad un momento successivo del pasto quegli alimenti per i quali lo stomaco avrebbe dovuto spendere più tempo per la digestione. I vari ricettari dell’ epoca mostrano letteralmente centinaia di diverse preparazioni.
Le fonti ispiratrici principali per il banchetto di questa sera sono contenute nei ricettari dell’epoca e in particolare nel “Libro Novo” di Cristoforo Messisbugo, pubblicato nel 1549, nel quale s’insegna “a far ogni sorta di vivande secondo la diversità dei tempi, così di carne come di pesci e il modo di ordinar banchetti, apparecchiar tavole, fornir palazzi e ornar camere per ogni Principe, opera assai bella e molto bisognevole a Maestri di casa, a Scalchi, a Credenzieri e a Cuochi”.
La scelta dei piatti è stata giocata sul tentativo di trovare un equilibrio fra la rievocazione storica e il gusto moderno. Da un lato si è rielaborata qualche antica preparazione adattandola ai palati attuali e dall’altro si sono create pietanze basate però sui prodotti di moda nel periodo.

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